domenica 29 aprile 2018

Canzoni [1]


Visto che l'ascolto di musica è una parte costante e sostanziale della mia vita, in questo nuova rubrica voglio affrontare brevemente l'analisi di alcune canzoni.
Non quelle che critica e studiosi ritengono le migliori, ma quelle che mi hanno fatto provare sensazioni forti come pianto e riso, riflettere sulla condizione umana, su alcuni episodi della storia sia recente che passata o semplicemente passare in modo piacevole alcuni momenti.
Visto che il primo amore non si scorda mai, comincerò parlando di uno dei classici del repertorio del gruppo con cui a metà degli anni '80 ho cominciato ad ascoltare musica rock.

Sweet Jane

"Sweet Jane" è una canzone dei Velvet Underground, apparsa per la prima volta nel loro album Loaded del 1970.

Loaded copertina
È stata scritta dal frontman della band, Lou Reed, il quale continuò ad inserire il brano nelle sue performance dal vivo anche in seguito quando divenne solista.
Questo pezzo è infatti uno dei favoriti dei fan del cantante e frequentemente viene suonato dalle radio come un classico del rock.
Quando Loaded venne distribuito nel 1970, la Warner Brothers rimosse un intero verso probabilmente per accorciare la canzone perché fosse maggiormente fruibile per la messa in onda sulle radio, cosa che contrariò fortemente Reed.
Oltre che in Loaded "Sweet Jane" è stata inserita anche negli album Live at Max's Kansas City, The Velvet Underground Live, Peel Slowly and See, Rock 'n' Roll Animal, Animal Serenade, Street Hassle, Live In Italy e NYC Man.
Di questo brano sono state realizzate numerose cover tra cui si ricordano, nel 1972, quella della la band glam rock Mott the Hoople, prodotta da Bowie, inserita come canzone d'apertura dell'album All the Young Dudes e venduta come singolo in Canada, Olanda, Portogallo, Spagna e Stati Uniti, sebbene non nel Regno Unito, la loro patria, e, nel 1988, quella del gruppo canadese dei Cowboy Junkies basata su una versione più lenta della canzone.
Nel marzo 2005, Sweet Jane è stata inserita dalla rivista Q al 18esimo posto nella lista dei migliori pezzi musicali per chitarra.
Il 18 gennaio 2007, è stato messo in onda un episodio del telefilm CSI: Crime Scene Investigation intitolato "Sweet Jane", nel quale si utilizza la canzone nella versione dei Velvet Underground all’inizio dell'episodio e la cover dei Cowboy Junkies alla fine.

Per chi volesse ascoltare il brano:



Cover dei Cowboy Junkies:


Cover dei Mott the Hoople:


sabato 28 aprile 2018

Pagine ingiallite [2] Giuseppe Ciabattini e i romanzi di “Tre Soldi”


Giuseppe Ciabattini
Parlando di romanzo giallo, con un particolare occhio di riguardo per la Toscana, non si può non ricordare la figura di Giuseppe Ciabattini.
Famoso scrittore, regista, commediografo e attore, nato ad Aulla, piccolo paese in provincia di Massa Carrara, nel 1882 e morto a Milano nel 1962 è noto, oltre che per aver recitato in numerosi film di gran richiamo, anche per aver lavorato per la radio.
Per questo media ha infatti creato numerosi e famosi personaggi, alcuni dei quali protagonisti di gialli radiofonici, tra cui, con lo pseudonimo di Giuseppe Catiani, l’ispettore Scala, presente nei radio sceneggiati “L’ispettore Scala” e “L’Ispettore Scala è in piedi”.
Nel 1956, inoltre, ha dato vita a due romanzi polizieschi molto originali.
Questi libri, pubblicati sulla testata “I gialli Mondadori”, sono ispirati a sei racconti, raccolti con il titolo “Sei casi per Tre Soldi”, trasmessi in un primo momento dalla radio e, in seguito, pubblicati dalla Mondadori in appendice ai volumi del giallo.
Per capire la novità di queste opere, bisogna analizzare il periodo storico in cui sono state pubblicate.
La seconda guerra mondiale era finita da poco e l’Italia ne era uscita sconfitta.
In questo contesto quindi, gli autori e gli intellettuali del bel paese guardavano con occhio benevolo all’America, meglio ancora agli Stati Uniti, la cui cultura rappresentava tutto ciò che poteva far dimenticare alla nazione di essere povera in canna.
Erano gli anni in cui Fred Buscaglione irrompeva sulla scena con canzoni, scritte da uno studente di giurisprudenza di nome Leo Chiosso, che parlavano con ironia di “bulli e pupe”, di New York e di Chicago, di duri spietati con i nemici, ma sempre in balia delle donne e dell’alcool e in cui Renato Carosone faceva la parodia di questa situazione e nel brano “Tu vuo’ fa l’americano” dipingeva la versione napoletana del mito degli Usa facendo un ritratto ironico di un giovane che si atteggiava a yankee.
In questo clima anche la letteratura poliziesca americana ebbe un’ampia diffusione.
In Italia cominciarono ad essere letti autori di romanzi, appartenenti al così detto genere hard boiled, che riuscivano a condire le loro storie con un po’ di sesso e di violenza, per suscitare quel gusto del proibito che, visto oggi, assomiglia a una barzelletta.
Ed è proprio in questi anni, per l’esattezza nel 1956, che Giuseppe Ciabattini pubblica i suoi libri.
Questi volumi hanno per protagonisti Tre Soldi e il socio Boero, due clochard, che in una città che anche se non viene mai nominata ricorda molto da vicino Milano, vagano alla ricerca di pezzi di carta da raccogliere e rivendere.
A questo, Tre Soldi, unisce una passione smodata per la lettura di libri gialli e ben presto, grazie anche ad una certa capacità di ragionare sviluppata dalla vita solitaria, acquisisce una notevole tecnica investigativa che mette all'opera, non per denaro o per divertimento, ma solo per umanità.
Gli ambienti che frequenta spesso gli forniscono dei casi e il simpatico vagabondo è subito pronto all'azione spinto da un istintivo senso di giustizia e di onestà e da un forte desiderio di avventura.
Così, prima che la polizia giunga alla conclusione, al Commissario di zona viene recapitata una lettera, piena di errori di ortografia, ma con la soluzione del mistero.
Alla luce di quanto scritto, per la freschezza e la novità che questi romanzi hanno rappresentato per l'epoca, non si può non rammaricarsi per il fatto che la stagione di Tre Soldi sia stata brevissima.



martedì 24 aprile 2018

Piero Calamandrei "lapide a ignominia"

Per ricordare il 25 aprile voglio proporre un testo che mi fa commuovere ogni volta che lo leggo o l'ascolto e mi fa pensare che dovremo riappropriarci di questi valori per essere cittadini e persone migliori.

Piero Calamandrei
Processato nel 1947 per crimini di Guerra, Fosse Ardeatine, Marzabotto e altre orrende stragi di innocenti, Albert Kesselring, comandante in capo delle forze armate di occupazione tedesche in Italia, fu condannato a morte.
La condanna fu commutata nel carcere a vita.
Ma già nel 1952, in considerazione delle sue "gravissime" condizioni di salute, egli fu messo in libertà.
Tornato in patria fu accolto come un eroe e un trionfatore dai circoli neonazisti bavaresi, di cui per altri 8 anni fu attivo sostenitore.
Pochi giorni dopo il suo rientro a casa Kesselring ebbe l'impudenza di dichiarare pubblicamente che non aveva proprio nulla da rimproverarsi, ma che - anzi - gli italiani dovevano essergli grati per il suo comportamento durante i 18 mesi di occupazione, tanto che avrebbero fatto bene a erigergli... un monumento.
A tale affermazione rispose Piero Calamandrei, noto giornalista, giurista e politico italiano, con una famosa epigrafe, recante la data del 4.12.1952, ottavo anniversario del sacrificio di Duccio Galimberti, dettata per una lapide "ad ignominia", collocata nell'atrio del Palazzo Comunale di Cuneo in segno di imperitura protesta per l'avvenuta scarcerazione del criminale nazista.
L’epigrafe afferma:

Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.

Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non con la terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non con la neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non con la primavera di queste valli
che ti videro fuggire.

Ma soltanto col silenzio dei torturati
più duro d'ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.

Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi con lo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA
 
 

lunedì 23 aprile 2018

Pagine ingiallite [1] Jarro e “I ladri di cadaveri”


Jarro in cucina sulla copertina
dell'Almanacco Gastronomico del 1913
Romanziere, studioso di letteratura e storico, giornalista, critico teatrale attento, umorista, “giallista”, esperto di gastronomia, intimo di Gabriele D’Annunzio, che accompagnò durante la permanenza a Firenze, tra i suo i contemporanei lasciò un segno indelebile.
Tra le sue opere più note si ricordano la pubblicazione, a sua cura, degli scritti di Dante Alighieri, di Andrea Cavalcanti, di Pietro Giordani, di Guido Vernani e di Jacopo Alighieri e la creazione di uno dei primi poliziotti seriali della letteratura italiana, il commissario Lucertolo, che apparve come protagonista in quattro romanzi pubblicati dalla Treves tra il 1883 e il 1884, anticipando Conan Doyle - che solo nel 1887 darà vita al suo Sherlock Holmes - di ben quattro anni.
Conobbe un discreto successo anche come gastronomo a partire dagli anni ottanta del XIX secolo, quando il quotidiano fiorentino “La Nazione” accoglieva nelle sue colonne, settimana dopo settimana, i suoi articoli di cucina.
Pubblicò inoltre volumi leggeri e intriganti sul teatro, a carattere critico, umoristico e aneddotico, parlando di cantanti, attori e attrici, acrobati, concertisti, musicisti, mimi e ballerine; biografie di uomini politici e un volume che, già nel 1910, apriva le porte alla nuova arte del cinema.
Nel 2004, grazie alle ricerche del giornalista veronese esperto di letteratura popolare Claudio Gallo, è uscito, per la casa editrice Aliberti di Reggio Emilia, “I ladri di cadaveri”, romanzo scritto da Jarro nel l883 e ambientato nella Firenze degli anni trenta dell’ottocento.
L'opera, che affina gli elementi del feuilleton ottocentesco ponendo le basi per il giallo italiano contemporaneo, inizia con una descrizione dell'Osteria del Frate, un posto situato in mezzo a terreni incolti in una zona appartata e solitaria della periferia di Firenze, poco fuori Porta della Croce.
Qui bazzicano precettati e sospetti, un'accozzaglia di gente rozza, audace e manesca.
Un luogo ideale per mettere a segno rapine e delitti.
Proprio nella taverna si scatena di notte una furibonda rissa con conseguente accoltellamento e, verso l'alba, viene addirittura ritrovato davanti a quel postribolo un calesse con il cadavere di un uomo decapitato alla guida.
Poche ore dopo una donna spaventata e in stato confusionale si presenta al commissariato di Valfonda.
Sotto il braccio la poveretta tiene un altro macabro reperto: una mano di donna.
E, prima ancora che la polizia possa mettersi in moto, una testa mozzata viene rinvenuta in un'altra zona della città e nella Torre degli Amieri viene ritrovata un'orrenda pozza di sangue che preannuncia altre terribili morti.
Poco alla volta si diffonde la notizia che un terribile assassino si aggira per i sobborghi della città.
Un uomo che si diverte a disseminare Firenze con pezzi disarticolati delle sue vittime.
Chiamato a svolge re le indagini è Domenico Arganti, detto Lucertolo , commissario di Santa Maria Novella, animato da una foga inestinguibile e da una smania frenetica.
Nato quattro anni prima di Sherlock Holmes, come l'illustre collega utilizza - nell'analizzare indizi e scene del crimine - il metodo deduttivo; è abile nei travestimenti e si serve del popolo basso per cercare informazioni.
La sua bravura nell'interpretazione degli indizi e la formulazione di ipotesi sovente esatte portano poi ad una naturale antipatia nei suoi confronti.
Nonostante tutto però la capacità di sporcarsi le mani, di mischiarsi con la gente del popolo e l'amore per la famiglia lo rendono un personaggio non del tutto odioso agli occhi dei lettori.
Il libro, scritto in un italiano semplice con l'uso di alcuni termini toscani ottocenteschi, è ambientato nella Firenze dei reietti, dei conciatori, dei locandieri.
Le vicende torbide, la morbosità di alcuni personaggi, l'ambientazione notturna, le segrete e i messaggi clandestini rimandano ad alcuni aspetti di capolavori della letteratura gotica.
Jarro - sebbene con ogni probabilità conoscesse Poe, inventore dei capisaldi della letteratura poliziesca moderna - ha studiato verbali ed atti processuali fiorentini al fine di dare connotati credibili a indagini e inchieste, fulcro delle vicende.
Nonostante manchi la leggerezza di certi episodi, anche i più raccapriccianti, del romanzo d'appendice, questo libro non è una lettura impegnativa.
Da segnalare infine l'introduzione critica di Luca Crovi e la postfazione di Claudio Gallo che danno al lettore indicazioni precise sul periodo storico in cui è ambientato il romanzo e alcune informazioni biografiche sull'autore.
Lettura obbligatoria per gli amanti del giallo, quest'opera è anche consigliata a chi cerca un'abile ricostruzione di un delitto in un'ambientazione non consueta come quella della Firenze del 1836.


domenica 22 aprile 2018

Pagine ingiallite [0] Introduzione


Benché esistano in letteratura numerosi romanzi e racconti precedenti che presentano elementi assimilabili al giallo, la data di nascita del genere viene fatta coincidere con la pubblicazione nel 1841, de “I delitti della rue Morgue” di Edgar Allan Poe, lavoro in cui compare il personaggio di Auguste Dupin, un investigatore che riesce a risolvere i casi criminali senza recarsi sul luogo del delitto ma solo sulla base di resoconti giornalistici e grazie alle sue enormi capacità deduttive.
Per quanto riguarda l'Italia invece, secondo gli studiosi, il primo poliziesco pubblicato risale al 1852.
In quell'anno vede la luce “Il mio cadavere”, del giornalista e drammaturgo partenopeo Francesco Mastriani, presentato in un primo momento a puntate su periodici del tempo ed in seguito in volume dall'editore Rossi di Genova.
Anche “Il cappello del prete”, scritto nel 1887 da Emilio De Marchi, accattivante, ricco di risvolti psicologici e ambientato a Napoli e il ciclo delle opere del fiorentino Giulio Piccini, in arte Jarro, che ha per protagonista il commissario di Santa Maria Novella Domenico Arganti, detto Lucertolo, hanno preceduto la fortunata stagione del giallo inglese di Arthur Conan Doyle e Agatha Christie.
Parlando del XX secolo non si può non menzionare il commissario De Vincenzi, una sorta di Maigret italiano, creato in pieno periodo fascista da Augusto De Angelis.
Altri autori da ricordare sono Giorgio Scerbanenco, creatore di gioielli del noir che, riletti oggi, appaiono anche come uno spaccato umanissimo e amaro dei nostri anni sessanta, la coppia formata da Carlo Fruttero e Franco Lucentini, che con “La donna della domenica” ci hanno fornito uno spaccato della borghesia torinese degli anni '70, quelli che, più o meno alla metà degli anni ‘80, si sono riuniti in gruppi e scuole, come ad esempio il Gruppo 13 bolognese o la Scuola dei Duri milanesi, fino ad arrivare ai nostri giorni in cui operano, tra i numerosissimi altri, scrittori come: Massimo Carlotto, Giampaolo Simi e Andrea Camilleri.
Questi intellettuali, e molti altri, saranno oggetto degli articoli di “Pagine ingiallite” rubrica attraverso la quale mi divertirò ad analizzare periodi storici particolari della letteratura gialla e libri poco conosciuti o dimenticati.
Sperando che chi mi voglia seguire si diverta a leggere questi interventi tanto quanto io mi sono divertito a scriverli, auguro a tutti buona lettura.

lunedì 16 aprile 2018

Destino

"Destino" è un cortometraggio a cartoni animati, della durata di 6:32 minuti, cominciato da Walt Disney e Salvador Dalì, completato ed infine prodotto nel 2003 dalla Walt Disney Company.
L'idea originale dell'opera risale al 1945 quando l'animatore statunitense Walt Disney e il pittore surrealista spagnolo Salvador Dalí, decisero di collaborare ad un film d'animazione con le musiche eseguite dal compositore messicano Armando Dominguez.
I disegni e i bozzetti preparativi vennero realizzati dall'artista degli studios della Disney John Hench e dallo stesso Dalí in otto mesi, tra il 1945 e il 1946.
Bozzetti per la lavorazione di "Destino"

Tuttavia, a causa di problemi di natura finanziaria, la Walt Disney, infatti, fu colpita da una crisi economica durante la Seconda guerra mondiale, questo lavoro fu accantonato.
John Hench produsse un piccolo test d'animazione della durata di circa 18 secondi, nella speranza di un futuro recupero del progetto.
Nel 1999, il nipote di Walt Disney, Roy, mentre stava lavorando per la realizzazione di "Fantasia 2000", rispolverò l'idea e decise di ripristinarla.
Per il completamento del cortometraggio vennero incaricati gli studios Disney di Parigi.
La pellicola fu prodotta da Baker Bloodworth e diretta dall'animatore francese Dominique Monfrey, qui per la prima volta nel ruolo di regista.
Un team di circa 25 animatori si diede da fare per decifrare gli storyboard criptici di Dalí ed Hench, avvalendosi anche dei diari scritti dalla moglie di quest'ultimo Gala.
Alla fine il risultato fu un cortometraggio in cui sono mescolati elementi di animazione classica a ritocchi apportati con la computer grafica.


In occasione della mostra di Dalì ospitata a Milano a Palazzo Reale esce su Topolino numero 2861 del 28 settembre 2010 la storia, scritta da Roberto Gagnor e disegnata da Giorgio Cavazzano, "Topolino e il surreale viaggio nel destino".

Pagina iniziale della storia "Topolino e il surreale viaggio nel destino"

lunedì 9 aprile 2018

I migliori racconti di fantascienza [1]

Sentinella



Sentinella (Sentry) è un racconto, scritto nel 1954 dallo scrittore statunitense Fredric Brown, considerato un classico della fantascienza.
Elaborato molto breve e basato su un'idea molto semplice è apparso in numerose antologie, è stato pubblicato la prima volta in Italia nel 1955 con il titolo "Avamposto sul pianeta X".

Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame freddo ed era lontano cinquantamila anni-luce da casa.
Un sole straniero dava una gelida luce azzurra e la gravità doppia di quella cui era abituato, faceva d’ogni movimento un’agonia di fatica.
Ma dopo decine di migliaia d’anni, quest’angolo di guerra non era cambiato.
Era comodo per quelli dell’aviazione, con le loro astronavi tirate a lucido e le loro superarmi; ma quando si arriva al dunque, tocca ancora al soldato di terra, alla fanteria, prendere la posizione e tenerla, col sangue, palmo a palmo.
Come questo fottuto pianeta di una stella mai sentita nominare finché non ce lo avevano mandato.
E adesso era suolo sacro perché c’era arrivato anche il nemico.
Il nemico, l’unica altra razza intelligente della galassia… crudeli schifosi, ripugnanti mostri.
Il primo contatto era avvenuto vicino al centro della galassia, dopo la lenta e difficile colonizzazione di qualche migliaio di pianeti; ed era stata subito guerra; quelli avevano cominciato a sparare senza nemmeno tentare un accordo, una soluzione pacifica.
E adesso, pianeta per pianeta, bisognava combattere, coi denti e con le unghie.
Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame, freddo e il giorno era livido e spazzato da un vento violento che gli faceva male agli occhi.
Ma i nemici tentavano di infiltrarsi e ogni avamposto era vitale.
Stava all’erta, il fucile pronto.
Lontano cinquantamila anni-luce dalla patria, a combattere su un mondo straniero e a chiedersi se ce l’avrebbe mai fatta a riportare a casa la pelle.
E allora vide uno di loro strisciare verso di lui.
Prese la mira e fece fuoco.
Il nemico emise quel verso strano, agghiacciante, che tutti loro facevano, poi non si mosse più.
Il verso, la vista del cadavere lo fecero rabbrividire.
Molti, col passare del tempo, s’erano abituati, non ci facevano più caso; ma lui no.
Erano creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe, quella pelle d’un bianco nauseante e senza squame…

sabato 7 aprile 2018

Sathoshi Kon e l’home video italiano

Satoshi Kon
Satoshi Kon è un famoso regista, autore e character designer di anime giapponese e assistente di Katsuhiro Ōtomo nella stesura di manga e soggetti per film.
Debutta alla regia nel 1997 con il thriller psicologico “Perfect Blue”.
Inizialmente prodotto come film per il mercato home video, consideratone l’elevato livello viene poi distribuito e proiettato nelle sale cinematografiche, ottenendo un ottimo riscontro di pubblico e di critica, tanto da vincere premi al FantAsia Film Festival di Montréal ed al Fantasporto Film Festival di Oporto.
Il successo incontrato dalla sua opera prima gli consente di proseguire la carriera registica disponendo di buoni budget e godendo di un’ampia libertà creativa, tanto che i suoi soggetti avranno sempre poco in comune con quelli generalmente scritti per gli anime, caratterizzandosi soprattutto per le tematiche psicanalitiche e sociali.
Nel 2001 scrive e dirige quindi il suo secondo film “Millennium Actress”, che pure riscuote consensi di pubblico e critica, e due anni dopo il terzo, “Tokyo Godfathers”, una deliziosa favola per adulti ambientata tra gli homeless di un immaginaria metropoli, proiettato anche nelle sale italiane.
Nel 2004 interrompe temporaneamente la serie di lungometraggi per scrivere e dirigere la serie breve “Mōsō Dairinin”, uscita in Italia col titolo “Paranoia Agent”, per tornare subito al cinema due anni dopo con “Paprika – Sognando un sogno”, un poliziesco “onirico” tratto dal romanzo di Yasutaka Tsutsui, presentato in concorso alla 63a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Satoshi Kon muore nel 2010, all’età di 47 anni, per un tumore al pancreas.
Qui di seguito parlerò di due opere del famoso artista giapponese uscite in DVD in Italia.

Tokyo Godfathers

Sceneggiatura: Satoshi Kon, Keiko Nobumoto
Regia: Satoshi Kon
Musiche: Moonriders, Keiichi Suzuki
Fotografia: Katsutoshi Sugai
Art director: Nobutaka Ike
Anno: 2003
Durata: 92 min.
Contenuti extra:
Il percorso dell’animazione, Galleria di immagini con colonna sonora, Dietro le quinte, Trailer vari
Prezzo: € 25,00

È uscito a fine giugno 2005 in dvd, prodotto dallo studio Mad House, “Tokyo Godfathers” il nuovo film di animazione del regista giapponese Satoshi Kon, braccio destro di Katsuhiro Otomo e famoso per la regia di serie animate come “Millenium Actress” e “Perfect Blue”.
Il film, che trae libera ispirazione da “In nome di Dio”, lungometraggio di John Ford del 1948, è ambientato nel giorno della vigilia di natale e ha come protagonisti tre senzatetto: Gin, un ex ciclista alcolizzato, Hana, un ex travestito e Miyuki, una ragazza scappata di casa.
Mentre i tre rovistano tra mucchi di spazzatura per cercare i loro regali di Natale, sentono il pianto soffocato di una neonata proveniente da un cumulo di immondizia.
Gin propone subito di correre alla polizia e consegnare la bimba abbandonata, ma Hana, che ha sempre sognato di essere madre, decide di tenerla e di chiamarla Kiyoko.
Aiutati da un biglietto da visita e da qualche fotografia, i tre vanno alla ricerca della casa della bambina.
Il viaggio in una metropoli innevata e ostile farà uscire allo scoperto paure, speranze ed emozioni e metterà alla prova il senso di responsabilità di ognuno dei componenti della strana famiglia.
Questo film, intelligente complesso e ricco di risvolti rivela fin dall’inizio le sue indiscutibili potenzialità artistiche.
Vengono affrontate tematiche di cocente attualità come: l’omosessualità, l’AIDS e la solitudine.
Dal punto di vista tecnico poi, l’opera di Kon si distingue per un’ottima animazione vecchio stampo, dove non prevalgono le ricostruzioni digitali e in cui personaggi e scenari sono per lo più disegnati a mano e non animati al computer.
Un cenno merita il finale, alquanto bizzarro, con i grattacieli di Tokyo che danzano al ritmo dell’inno alla gioia di Beethoven in versione techno.
Malgrado il film non rinunci a comunicare buoni sentimenti, pillole di saggezza e termini con un happy ending, colpisce l’estraneità a certi cliché di marca disneyana.
Per questo motivo “Tokyo Godfather” è gradevole anche a un pubblico adulto ed è perfetto per gli amanti dell’animazione in cerca di contenuti più profondi e credibili.

Paranoia Agent

Regia: Satoshi Kon
Nazione: Giappone
Durata: 13 Episodi da 25 min.
Editore: Panini Comics
Anno di pubblicazione: 2007
Audio: Ita 5.1-Ita 2.0-Giap 2.0
Formato video: 16:9
Sottotitoli: Italiano
Contenuti Speciali: Intervista A Satoshi Kon (Dvd 1), Opening & Ending Originali (Dvd 2), Storyboard Animato, Completo, Del Primo Episodio (Dvd 2), Commento Dei Produttori Agli Episodi 11-13 (Dvd 3)
Prezzo: € 24,90

È uscita nel corso del 2007 per Panini Video, divisione editoriale di Panini Comics che si occupa di Home Video, “Paranoia Agent”, prima serie animata in tredici episodi creata nel 2004 dal grande regista giapponese Satoshi Kon, artista famoso in tutto il mondo per capolavori come “Perfect Blue”, “Tokyo Godfathers” e “Paprika”, insieme al suo partner storico, lo studio Madhouse.
La storia è ambientata nella Tokyo dei giorni nostri e ruota attorno a un misterioso criminale, Shonen Bat, che attacca dei passanti colpendoli con una strana mazza da baseball.
La sua prima vittima è la giovane e introversa Tsukiko Sagi, una designer famosa per aver creato una mascotte molto popolare in Giappone, ma ora alle prese con una crisi creativa.
Non si sa chi sia questo misterioso criminale, ne perché lo faccia: l’unica cosa certa è che sembra essere un ragazzino delle elementari che si muove sui rollerblade.
Due investigatori cominciano a seguire il caso ma si rendono subito conto che c’è qualcosa che non quadra.
Come ci si può aspettare da un autore sofisticato come Kon, “Paranoia Agnet” è un titolo complesso e ricco di simbolismi, un prodotto molto particolare destinato a un pubblico esigente.
A differenza di altri maestri dell’animazione contemporanei come Miyazaki infatti, questo artista preferisce rivolgere le sue opere ad un pubblico adulto, cosciente ed informato sulle problematiche della società moderna.
Per evidenziare la sua scelta adotta uno stile fortemente realistico anche se piacevole.
“Paranoia Agnet” è una serie che travalica gli standard televisivi e affronta tematiche difficili e scabrose.
Nel corso dei tredici episodi viene sezionata pezzo dopo pezzo la società giapponese odierna di cui si evidenziano, senza pudori, i drammi ed i crimini.
I personaggi sono vittime qualunque del sistema, il risultato disumanizzato della società nipponica.
Il lato thriller della vicenda, seppur importante e ben sostenuto, serve da contenitore e lascia larghissimo spazio alle vicende umane dei vari protagonisti che si alternano e si susseguono di puntata in puntata.
Il character design di Masashi Ando è molto particolareggiato e realista, le animazioni sono eccellenti così come le musiche di Susumu Hirasawa, adatte a raccontare le situazioni di cui le vittime di Shonen Bat sono protagoniste.
Particolarmente riuscito il doppiaggio italiano, indispensabile per poter godere appieno di una serie dalle molte sfaccettature e dai forti contenuti psicologici come questa.
Il comparto video è di discreto livello anche se, in alcune circostanze, si nota una definizione non perfetta dell’immagine e qualche sfocatura.
Considerando però la presenza su un singolo dvd di 5 episodi più extra il risultato è comunque più che accettabile.
Molto buono poi il comparto audio così come i menù animati particolarmente gradevoli.
Alla luce di quanto detto possiamo dunque considerare questo prodotto, senza paura di smentita, un must sia per gli appassionati di thriller che per quelli dell’animazione giapponese.