martedì 18 maggio 2021

Nero come le formiche

Immagine di Patrizia Brunelli

Formichine a primavera
tutte nere come more,
per i prati rugiadosi
ve ne andate a lavorar.

Io le formiche le conosco. Le studio da anni. E ho anche un giardino… Quello mi aiuta. Sono indipendenti, loro, riescono a sopravvivere in situazioni difficili, quasi impossibili. Mi stendo carponi. Ho una, anzi tre, lenti d’ingrandimento. Ce n’è bisogno. Ogni formica è un milionesimo di un essere umano. Io le guardo, le osservo e loro non ci fanno più caso; si sono abituate alla mia presenza e continuano una perfetta esistenza ordinata, predando insetti, ragni e tutte le schifezze che di solito preferiscono. Loro muovono il terreno, sono in grado di farlo più dei lombrichi e così riescono a mettere in giro quantità di nutrienti fondamentali per l’ecosistema. Nel mio giardino ho almeno sei formicai. Quelle che hanno eletto a dimora la base del pino, accudiscono gruppi di afidi e poi, con metodica pazienza, raccolgono i loro escrementi zuccherini. La gente di solito se ne frega delle formiche. Io no e per dimostrarlo quelle del pino le ho anche fotografate.
Il mio vicino ha ucciso sua moglie. 
Questo sembra non c’entri nulla con le formiche. Invece c’entra. Ha ucciso sua moglie d’estate, quando ero via per le vacanze e l’ha seppellita nel mio giardino. Il terreno nel lato nord, quello senza erba, quello in ombra. Lo ha fatto lì. Mi sono reso conto che il terreno era smosso. Il perimetro necessario per seppellire una persona. Me ne sono accorto io e se ne sono accorte le formiche. Prima non andavano lì. Non c’era ragione ci andassero. Poi tutto è cambiato. Un corpo seppellito di fresco interessa molto le formiche. Puoi fregare il vicino, se non si accorge del terreno, puoi fregare la polizia, ma le formiche non le freghi di certo. Migliaia di operaie erano in moto. File lunghissime. Processioni. Cortei. Io non mi ero mai troppo interessato del mio vicino. Avevo notato che spiava mia madre. Suppergiù dovevano avere la stessa età. Da quando lei se n’è andata lui ha smesso di spiare. Ho cominciato io a spiare lui… No, non è proprio così. Solo mi sono accorto che sua moglie non c’era più. Sparita. Poi ho notato il terreno smosso e prima di me l’avevano notato le formiche. 
Non sono un entomologo. Per definirsi proprio entomologo ce ne vuole. Mi interesso alla vita delle formiche. Mia madre non era contenta, non condivideva questa mia passione. Lei mi manca molto. Da quando non c’è più tutto è diventato triste. Io del vicino glielo avevo pure detto: “Lui ti guarda”. 
Lei arrossiva e ribadiva che mi sbagliavo, ma da quando lo aveva saputo, anche lei guardava verso il giardino accanto. “Succede ai vecchi”, le dicevo per prenderla in giro e lei un po’ si dispiaceva. Alla fine però sorrideva e non ci pensava più.
Della spesa e della casa se ne occupa la signora Piera. Una specie di domestica tuttofare. A lei non ho detto niente del cadavere in giardino. Non capirebbe e, soprattutto, non saprebbe stare zitta.
Delle formiche non si sa niente, è l’ultimo pensiero della gente, eppure sono diventate gli organismi predominanti nell’ambiente terrestre. Questo deriva dalla loro natura sociale. Ogni componente la colonia di formiche è programmato per agire in modo coordinato, logico. Lo fanno anche gli uomini, più o meno. E poi le api. Le vespe e le termiti. Le formiche sono più forti di tutti perché per la salvezza della colonia sono capaci anche di sacrificarsi. Il singolo lavora e muore per gli altri. Vallo a dire agli uomini…
La colonia di formiche è un’unità sociale e si dà da fare. Se un’operaia costruisce una camera per le larve e non porta termine il lavoro, perché la morte o qualche impedimento la ferma, ecco che un’altra è pronta a sostituirla.
Si chiama lavoro di squadra.
Ci sono formiche operaie, altre sono pattugliatici, altre guerriere, altre ancora sono kamikaze. Se una muore è male di poco. Perché è sterile. Perché alla riproduzione ci pensa la regina.
Ho letto su un libro che il peso di tutte le formiche messe insieme è uguale al peso di tutti gli uomini presenti sul pianeta. In un’immaginaria pesata i due piatti della bilancia risulterebbero uguali.
Ci sono diverse ragioni che mi impediscono di scavare e scoprire il corpo seppellito nel mio giardino. La prima è che ho paura. Non me ne vergogno. Il cadavere sta là sotto da più di un mese. Non ce la faccio. Penso sia già decomposto, attaccato dai vermi e dalle stesse formiche. No, non ci riuscirei. Poi sto aspettando si accorga del corpo la colonia di formiche arboricole che sono riuscito a sistemare nel lato est del giardino. Mi interessa molto da un punto di vista scientifico. Loro ancora continuano la vita di tutti i giorni. Tempo fa sono andato con la lente. Nulla, non se n’erano accorte. Il cadavere è stato scoperto solo dalla colonia di formiche europee che sta nei pressi del lato nord, a circa sette dieci metri dal corpo.
Sara abita a due isolati da me. Lei è molto diversa dalle formiche. Lo so che il paragone è assurdo, ma viene di farlo. Se studi tutto il giorno formiche nere, marroni, a volte rosse, rimani sempre stupito nel vedere una testa di capelli biondi. Sara è una specie di fidanzata. Solo che non ci siamo ancora baciati. Ci sto pensando. Intanto le ho detto dei miei sospetti. L’ho detto solo a lei. Secondo Sara, non devo più pensarci. Assurdità. Le ha chiamate così. Il terreno smosso? Fantasie. I cortei di formiche? Valli a capire quei sudici insetti. In realtà non sono sudici, ma Sara non ama le formiche e sospetto desideri che io la smetta. La conosco da molto tempo, addirittura dalla prima elementare e non la biasimo. Non tutti amano le formiche, infatti molti riempiono gli stanzini di polveri e insetticidi micidiali. A volte si ammazzano loro stessi con quei veleni. Li confondono con altre polveri innocue, li lasciano alla portata dei bambini, li ingeriscono inavvertitamente.
Quando Sara parla mi sta vicina e mi soffia sull’osso del collo. Fingo di non accorgermene e porto il mio naso ad un metro dal suo naso. Così non ci baceremo.
In realtà avevo spiato il vicino dai capelli lustri anche per un’altra ragione. Non potevo non interessarmi al suo giardino. Separato dal mio da una semplice staccionata di legno. Quanti formicai c’erano in quel giardino? Lo stomaco mi brontolava, la lente luccicava nella mia mano.
Lui lo sapevo in ufficio. Credo sia una specie di avvocato. Ho scavalcato la staccionata. Uno scherzo. E ho ispezionato il prato. La moglie non c’era da giorni. Nessuno mi ha visto, ma ho commesso lo stesso un errore. Lui non era andato in ufficio. Me ne sono accorto in prossimità della casa. Ho smesso di scrutare il terreno ingrandito dalla lente e mi sono girato a guardare la casa, la finestra d’angolo, quella con la tenda tirata a metà. Lui era lì. C’era anche una donna. Bella. Capelli castani lunghi, giovane, alta, mezza nuda… Il contrario della moglie, a parte i capelli castani. Ho costeggiato la casa e sono tornato indietro passando radente la siepe. Non credo mi abbia visto. Risultato di quella specie di blitz? Il mio vicino tradisce la moglie, nel suo giardino ci sono almeno tre formicai di piccole dimensioni e uno più grande esposto a sud.
Sara ha buttato giù qualcosa di dolce, poi si è leccata il dorso della mano dove era rimasta una goccia rosa.
Quando lei ha parlato di assurdità le ho controbattuto i fatti successi. Primo fra tutti la moglie del vicino che non si vede più da settimane. Poi il terreno del mio giardino che è stato smosso. Qualcuno ha scavato in quel punto. Infine il mio vicino che tradisce la moglie. Lei ha ribattuto che il tutto somiglia alla finestra sul cortile. Per lei ho visto il film e mi sono suggestionato. È vero che l’ho visto, ma è successo tanto tempo fa e poi il film è tutto diverso: manca il cortile, io non sono un fotografo su una sedia a rotelle… No, il film non c’entra nulla. Questa è tutta un’altra storia.
Forse per far sì che i miei pensieri prendessero una strada diversa, lei si è tirata giù i jeans e mi ha fatto vedere le mutandine rosa. Era da tanto che lo diceva. Io in realtà mi sono sentito a disagio. Credo anche di essere arrossito. Sono sicuramente arrossito e mi sono sentito fuori posto. Impacciato e intimidito. Lei sembrava a suo agio, questo ha acuito la mia difficoltà. L’immagine di quelle mutandine rosa credo mi abbia trattenuto lì un paio di minuti. Forse era il momento adatto per un bacio. Invece a me è sembrato il momento in cui si stabiliva una sorta di patto segreto. Come il patto di sangue. Ero più legato a lei di prima e questo non mi piaceva, soprattutto perché non l’avevo scelto io. Lei ha anche preso la mia mano. Per un attimo ho pensato volesse leggerla. Ho avuto paura che avesse il desiderio la toccassi. Ho avuto paura mi stesse succedendo qualcosa. Così ho fatto la cosa più semplice: me ne sono andato.
La vita delle formiche è regolata da un complesso ordinamento sociale comprendente gerarchie, solidi legami, interconnessioni e un sistema di comunicazioni estremamente raffinato: odori, sapori, colpi e sfregamenti. I suoni. La formica suona se stessa sfregando insieme parti del suo corpo. Le vibrazioni prodotte da un soggetto si propagano attraverso superfici varie, per esempio una foglia, e raggiungono le altre compagne che “ascoltano”. A volte le formiche battono la testa su una superficie rigida e avvertono le altre di un pericolo. Le formiche complicano il loro ordinamento sociale accordandosi con insetti vari che si nutrono di piante. Afidi, coccigi, bruchi; forniscono secrezioni dolci. In cambio le formiche offrono loro protezione dai nemici. Purtroppo, nonostante tutte queste risorse, le formiche possono essere facilmente ingannate. Altri insetti sono in grado di intercettare il loro codice comunicativo e riescono ad inserirsi nel legame sociale sfruttando uno o più segnali chiave. Ci sono insetti parassiti che, diversissimi per aspetto, riescono a farsi accettare dalle formiche grazie al fatto che hanno assunto il loro odore e si fanno accogliere e addirittura servire. 
Probabilmente lo stesso capita fra gli uomini. Il mio vicino, per esempio, invece del suo aspetto di assassino ha assunto le sembianze molto più amichevoli di un comune avvocato che vive tranquillo nella sua villetta con la moglie. Poi in segreto vede altre donne, uccide e nasconde il corpo della sua vittima nel giardino accanto. Forse pensando di non essere mai scoperto… 
Troppo facile. Nei giardini ci sono le formiche e loro magari si fanno imbrogliare da un insetto parassita, ma di certo no da un avvocato.

* * *

Delle volte nel quartiere passa un’auto della polizia. Ho pensato di fermarla. Dire tutto ai poliziotti. Per fortuna non ho messo in atto il proposito. Non mi avrebbero creduto. Se tutti quelli che hanno un’amante dovessero seppellire la moglie…
No, non mi avrebbero creduto. Allora mi è venuta in mente l’idea delle lettere anonime. “Caro avvocato, so che hai ucciso tua moglie e che l’hai seppellita nel mio giardino”. Quelle parole mi davano la pelle d’oca, ma erano un modo per smuovere le acque. Non potevo scavare, non potevo avvertire la polizia, qualcosa la dovevo pur fare! Intanto andavo a lavarmi le mani e le ginocchia. Tutto quello stare carponi con la lente d’ingrandimento dei problemi ogni tanto li creava e bisognava porvi rimedio.
Ho dato la lettera alla signora Piera che è andata a spedirla. Ho tolto le parole che potevano far risalire allo scrivente. A me. Non ho scritto “mio giardino”, ho temuto per la mia incolumità. Sara ha detto che anche questo somiglia alla finestra sul cortile. Lì c’è una telefonata, qui c’è una lettera. Le ho carezzato la guancia, in realtà avrei voluto schiaffeggiarla. Lei mi ha guardato con stupore e non ha detto più niente. 
Questa volta aveva delle mutandine bianche con i fiorellini.
Entrata in scena del motorino del portalettere. Ha percorso il vialetto scoppiettando. Ha voltato. Si è fermato davanti alla cassetta della posta dell’avvocato. Il postino l’ha riempita di carta. Ho seguito il tutto con il binocolo. C’era anche la mia busta. Arancione. Il sole la faceva splendere festosamente in mezzo alle altre.
Ho fatto un esperimento. Ho prelevato quattro o cinque formiche arboricole e le ho portate nel lato nord del giardino, dove c’era la terra smossa. Volevo vedere se tornavano al formicaio per avvertire le altre. Si sono messe a girare intorno. Il minimo, vista la situazione. Comunque non lo capisci subito cosa pensa una formica. Ci hanno messo un quarto d’ora, poi hanno preso la strada di casa e dopo altri cinque minuti erano di nuovo nel loro formicaio.
Ora il vicino ha ripreso a guardare verso casa mia, come faceva quando c’era mia madre. L’ho visto dalla finestra. Si volta. Resta fermo e scruta in lontananza. Con quei capelli lucidi sembra Dracula. Deve aver capito che la lettera l’ho scritta io. Non sono stato abbastanza prudente. Non dovevo accennare al seppellimento del corpo. Lui ha intuito da quelle parole che c’era qualcuno che sapeva del giardino…
Io intanto cerco di non farmi vedere. Esco solo se lui è in ufficio. Sono circospetto, prudente, agisco con metodo.
Ho scritto una seconda lettera anonima. Per la polizia. Ho descritto i fatti, non ho aggiunto inutili particolari che potevano far pensare a un mitomane. Ho spiegato che la moglie dell’avvocato non si vede più da un sacco di tempo, ho detto della terra smossa e dell’amante segreta del mio vicino. Ho fatto il suo nome. Ho scritto l’indirizzo. Stop. Mi è sembrata credibile. Certo, so che i poliziotti ricevono decine di lettere non firmate. Immagino non diano loro troppo peso. Intanto però era un modo per informare le autorità. Mi fossi deciso ad andare al commissariato, avrei avuto la lettera da me stesso inviata, come supporto alle mie dichiarazioni. Non ero entusiasta di questa iniziativa e non ci credevo molto, però intanto facevo qualcosa. Poi, forse, in seguito, mi sarebbero venute altre idee. 
L’avvocato era in ufficio. Ho appiccicato il francobollo di posta prioritaria, sono uscito di corsa e ho imbucato la lettera. Nessuno mi ha visto. Quando sono teso mi viene sempre un po’ fame. Sono tornato a casa e mi sono fatto una fetta di pane con la marmellata.
Le tre del pomeriggio, sono salito di sopra e mi sono affacciato. Ho circumnavigato con lo sguardo tutta la zona. Poi ho preso il binocolo. A quell’ora passa sempre il camion della nettezza urbana. Fa il viale e, in fondo, gira. A quel punto non si vede più. Riappare dopo una decina di minuti laggiù, dove c’è la villetta del mio vicino. Lui delle volte esce. So che ha una domestica, ma chissà perché ama consegnare direttamente la spazzatura agli uomini che fermano il camion, lo salutano e scambiano con lui qualche parola. 
Eccolo. Esce.
Dal mio posto d’osservazione posso vedere il lato del giardino dove ha seppellito il corpo. Come ha fatto a portarlo fin lì? Guardo avanti. Lungo la siepe. E’ il punto migliore. Le difficoltà devono esserci nel superare la staccionata. Probabile abbia agito di ferragosto, quando non c’era nessuno. Di certo non ha pensato alle formiche, non sapeva che il suo vicino era un attento osservatore di formiche. Ha creduto di farla franca facilmente…
Eccolo. Rientra.
Apre la porta e prima di entrare si volta ancora verso di me. Mi abbasso il più possibile e nascondo il binocolo. Il sole potrebbe far luccicare le lenti e questo rappresenterebbe un modo sicuro per farsi scoprire.
Non so se le formiche arboricole si sono accorte del corpo sotterrato. Di sicuro si sono accorte che lì vicino c’era un’altra colonia di formiche e così l’hanno attaccata. Con la lente d’ingrandimento ho visto la terribile lotta mandibola contro mandibola. Centinaia di operaie si sono affrontate all’ultimo… sangue. Le arboricole sono più forti. Hanno fatto un macello. Ho continuato ad osservarle per alcuni minuti. E’ stato così, per caso, che ho visto l’impronta nel terreno. Proprio dove è sepolto il cadavere. Scarpe a punta. Misura 42 o 43. Il cuore mi ha cominciato a battere nelle orecchie. Qualcuno aveva fatto un giro d’ispezione nel mio giardino. Qualcuno che voleva sincerarsi fosse ancora tutto a posto.
Sara mi ha trovato una formica addosso, capitata lì chissà come. Ha detto che continuando così finirò di certo al manicomio. Il suo alito sapeva di chewing gum, la sua lingua scattava, i suoi denti scintillavano.
Ho visto la solita pattuglia della polizia. Mi è sembrato abbia rallentato all’altezza del mio giardino, ma non ne sono sicuro. Può darsi sia stata una semplice impressione.
Ho rivisto la pattuglia dopo cena. Affacciato di sopra col mio binocolo puntato verso la casa del vicino. Sono andati da lui, hanno suonato. Ha aperto ed è restato a parlare con loro per qualche minuto. Ero un bagno di sudore. Di già la polizia? Forse la mia lettera ha messo le cose in moto. Forse stanno facendo i primi accertamenti. Domandano che fine abbia fatto la moglie. Lui troverà qualche scusa. E’ logico che abbia messo su un piano… Un piano che comporta giustificazioni e falsi alibi. Quando la pattuglia se n’è andata ho cominciato a pensare una cosa assurda. Una di quelle fantasie che mi vengono quando fa buio, quando le cose assumono dimensioni diverse dal giorno. Se avesse disseppellito il corpo? La notte. Avesse poi ricoperto la buca e trascinato il cadavere fino al suo giardino? Avrebbe avuto bisogno di una pala. Certo. Un attrezzo da scavo sarebbe stato indispensabile. Poi sarebbe tornato con la pala e il corpo… Troppa roba, troppo complicato. Ma forse… Mi sono precipitato giù per le scale, ho aperto la porta che è andata a sbattere con un fracasso del diavolo; appena nel giardino ho voltato a sinistra, verso il lato nord, dove c’è, o c’era, il corpo. Dove c’è il piccolo magazzino degli attrezzi. Gli attrezzi sono tutti nuovi. Sono stati comprati poco prima delle vacanze. Se ha usato la pala, non ha fatto di certo in tempo a pulirla. Ho aperto la porta di legno e ho acceso la luce. Sono andato in fondo al piccolo locale. 
Gli attrezzi erano tutti appoggiati all’angolo. Nuovi e mai usati, alcuni luccicavano. Li ho spostati per tirare fuori la pala. Era ancora sporca di terra. Era l’unico attrezzo che non luccicava alla flebile luce della lampadina elettrica.
Quando ero molto piccolo avevo imparato una poesia:

“Notte buia la formichina qui s’imbatte
nel baron delle pignatte,
gentiluomo molto fino
che le fa il più bell’inchino.

Io e le formiche abbiamo dei gusti in comune. Per esempio la cioccolata. L’ovetto Kinder fa impazzire il formicaio. Lo mangio in giardino, in modo che minuscole briciole possano atterrare lentamente sull’erba. Subito si scatena una specie di telegrafo senza fili. Le operaie si attrezzano e riescono a trasportare pezzetti infinitamente più grandi di loro, in posti lontanissimi. Si calpestano, credo si ucciderebbero l’un l’altra, pur di beccarsi il Kinder. Alla fine prevale sempre il sociale nelle formiche. Il singolo si annienta e tutte portano tutto nel formicaio, a disposizione della colonia.
Appena giorno, per prima cosa, sono andato a vedere il lato nord del giardino. La terra smossa. Le formiche continuavano ad esserci come sempre. Mi sono chinato, ho tastato il terreno con le mani nude. In realtà non sembrava scavato di fresco. La superficie era apparentemente intatta. In quella zona c’è ombra e manca l’erba, ma i pochi fili d’erba presenti continuavano a crescere come prima. Ho così formulato un’altra ipotesi. Forse non ha dissotterrato il cadavere. Ha fatto soltanto un tentativo. Non c’è riuscito. Ora non è ferragosto, c’è gente, non ce la fai a scavare indisturbato il giardino di un altro. Non lo dissotterri un corpo che poi devi trascinare per una cinquantina di metri minimo. Alla fine mi sono convinto. Il corpo doveva ancora essere là sotto.
Tutta la faccenda del mio vicino assassino ha comportato una serie di cambiamenti nella mia vita. Primo fra tutti quello di togliere tempo ed energia al mio studio delle formiche. Riguardavo proprio ieri i miei appunti. Quello che mi interessava di più, prima di occuparmi del comportamento del mio vicino, era capire cosa succede in una colonia se muore la regina. I miei libri sostengono che una regina non si rimpiazza. Nonostante le operaie siano potenzialmente in grado di allevare una nuova regina, queste non lo fanno. Il più delle volte quando muore la madre, la colonia si estingue. Questo pensiero mi ha messo tristezza. Sono stato a lungo a girellare in giardino senza idee in testa, senza volontà, ascoltando il gatto di qualcuno miagolare debolmente.
Sono stato a trovare Sara. Non le ho parlato delle mie tristezze. Lei guardava la televisione. Mi sono seduto accanto e ho guardato anch’io. In silenzio. Lei mi stava vicina e ogni tanto i suoi capelli mi si versavano nel naso. Era un film abbastanza noioso nel quale c’era un incidente aereo. Sara ha subito cambiato canale. Lei è molto sensibile e riesce a capire come comportarsi. L’ha fatto per riguardo a me. Mia madre infatti è morta proprio in un incidente aereo.

* * *

Quando sono tornato a casa stavo un po’ meglio. Ho fatto il giro più lungo e sono passato dal vialetto parallelo al retro della villetta del mio vicino. Lui doveva essere ancora in ufficio. Mi sono fermato dietro la siepe e ho guardato la casa. A un certo punto il cancelletto davanti all’ingresso si è aperto. Era un’auto. Si è fermata nei pressi del garage. Non era l’avvocato. Era quella donna che avevo visto mezza nuda da lui. Ha chiuso la macchina e si è avviata di passo svelto verso la porta. Forse non è estranea alla morte della moglie del mio vicino. Forse c’entra anche lei. L’avvocato non ha agito da solo. Aveva una complice.
Il mio naso finisce nel fazzoletto. Forse è un inizio di raffreddore.
Le formiche non parlano perché non sanno cosa dire.
Non è una deduzione scientifica e non l’ho aggiunta ai miei appunti.
L’auto della polizia ha percorso con lentezza il viale e si è fermata davanti all’ingresso, dove c’è il cancello che si apre sul vialetto e sul mio giardino. Il poliziotto alla guida e quello accanto hanno parlato a lungo e hanno indicato più volte la casa. Io ero nascosto dietro l’oleandro. Non mi hanno visto. Devono aver pensato che non c’era nessuno.
Per l’ennesima volta la signora Piera ha comprato uno spray contro le formiche e per l’ennesima volta l’ho diffidata da usarlo. Lei ha ribattuto che le formiche in casa non sono certo un bello spettacolo. L’ho lasciata dire. Più tardi butterò via lo spray, come ho fatto tutte le altre volte.

* * *

Abito in un quartiere residenziale tutto villette e giardini. Non c’è molto traffico e i vialetti alberati sono un invito a percorrerli in bicicletta. Ho girato un po’ intorno senza meta, innestando il pilota automatico. Ho incrociato solo qualche auto. Stavo per rientrare quando ho visto l’avvocato. Era fermo davanti al suo cancello. Quando si è accorto di me è uscito dalla macchina e ho avuto netta la sensazione volesse fermarmi. Ho tirato diritto fino a casa.
Ora credo di essere seriamente in pericolo.
Una è brutta in codini e cappello.
Sara ha delle amiche insopportabili. Ridono sempre. Si occupano di cose inutili. Hanno la testa e gli armadi pieni di vestiti. Femminucce. Se lei racconta quanto le ho rivelato sul cadavere in giardino…
Ma forse non lo farà. Lei tiene le sue amicizie molto separate da me: io da una parte, loro dall’altra.
Ho letto di astronavi aliene in grado di aspirare e portare gli uomini su un altro pianeta. Credo che per le formiche un formichiere sarebbe più o meno la stessa cosa.
Secondo Sara la presenza della pattuglia di poliziotti è del tutto normale. Ci sono stati dei furti durante l’estate e gli abitanti del quartiere hanno chiesto venisse intensificata la sorveglianza. Bla bla bla. Ho provato a dirle che si diverte sempre a contraddirmi. Ha ribattuto che sono fissato. Come con le formiche. Risultato: abbiamo litigato.
E’ successo di sera. Stavo sistemando in camera il poster raffigurante il nastro di Moebius, dell’artista olandese Escher. Le formiche percorrono il nastro che forma un otto senza passare mai da una faccia all’altra. Si tratta della raffigurazione di uno dei cosiddetti “paradossi topologici”…
Stavo rimirando la xilografia, quando mi sono accorto che la casa era praticamente circondata. C’erano tre volanti con le luci che lampeggiavano e poliziotti dappertutto.
Ho pensato fossero lì per arrestarmi.
Prima che succedesse avrei indicato il giardino. Il punto esatto in cui la terra era smossa. Ho anche pensato stessero per accusarmi del delitto. La pala che era servita per lo scavo era infatti nel mio magazzino per gli attrezzi.
E’ venuta da me una donna poliziotto. Si è anche presentata come ispettore qualcosa, non ho capito. Mi sorrideva, ma la pensavo nemica e stavo attento a non dire cose che mi avrebbero potuto mettere nei guai.
Mi sono seduto e ho aspettato che parlasse lei.
“Ti chiami?”
Aveva una bella voce e continuava a sorridere. Ogni tanto guardava il soffitto e subito dopo un punto sulla mia spalla.
“Marco”, le ho risposto con una voce che non era la mia.
“Senti Marco, sei tu che hai spedito le lettere al tuo vicino e alla polizia?”
Se n’erano accorti. Come avevano fatto? Non le avevo certo firmate. E come facevano a sapere della lettera all’avvocato?
“Come l’avete scoperto?”
La donna poliziotto sorrise ancora. “Non dovevi scriverle a mano, era meglio usare una macchina da scrivere, o un computer”.
Non ci avevo pensato. Ho stretto i denti e ho cominciato a guardare in terra.
“Quanti anni hai Marco?”
Ci ho riflettuto a lungo, come se fosse un calcolo difficile da fare.
“Dieci, quasi undici”, ho risposto a bassa voce.
La donna poliziotto si è stretta nelle spalle. “Beh, la calligrafia di un bambino è facile da riconoscere”.
Ora premevo anche i pugni contro la sedia e mi vergognavo. Non ci avevo proprio pensato.
Lei mi ha guardato un’altra volta. “Dov’è tua madre, Marco?”
“E’ morta”.
“Ne sei certo?”
“E’ morta in un incidente aereo”.
“Sei certo anche di questo?”
“Sicuro, è sparita da un giorno all’altro”.
“Sei stato al funerale?”
“Non c’è stato il funerale, il corpo non è stato trovato, l’incidente è avvenuto in mare”.
“Chi te lo ha detto?”
“Mio padre”.
“Dov’è ora tuo padre?”.
“E’ via per lavoro. Dovrebbe tornare proprio stasera”.
“E tu stai da solo?”
“No, sto con la signora Piera, è quella che si occupa della casa da quando c’è stato l’incidente aereo”.
“Quando è successo?”
“A metà estate. Io poi sono andato subito in vacanza. Mio padre ha voluto così. Diceva che la casa mi avrebbe ricordato troppe cose”.
Mentre rispondevo alle domande mi sono accorto che c’era confusione in giardino. Ora stava percorrendo il vialetto un’ambulanza. Ho udito distintamente una voce che quasi urlava: “C’è qualcosa, tiriamolo fuori!”.
“Tu hai accusato il tuo vicino…”
Ho fatto un lungo sospiro. “La moglie non si vede più da tanto tempo”.
La donna poliziotto ha scosso la testa. “Il tuo vicino si è separato dalla moglie e lei è tornata nella sua città”.
“Lui la tradisce…”, ho provato a dire.
“Lui ora sta con un’altra”, ha spiegato lei.
Ho udito ancora la voce di prima che da fuori urlava: “E’ una donna!”
Dalla finestra ho intravisto che stavano caricando qualcosa sull’ambulanza. Mi sono alzato per capire cosa stava succedendo, ma la poliziotta che mi interrogava si è messa fra me e la finestra, così da impedirmi la vista.. 
“Il tuo vicino, l’avvocato, era molto amico di tua madre?”
“So che la guardava sempre”.
“E anche lei?...”
“Anche lei lo guardava”.
“Quando è successo?”
“Un anno fa”.
“Tuo padre lo sapeva che si guardavano?”
“Sì… Una volta si è pure arrabbiato”.
La donna poliziotto si è passata una mano sul viso. 
“Tuo padre a che ora arriva?”
“Ha telefonato che sarebbe stato a casa alle nove”. Ho guardato l’orologio. “Fra cinque minuti”, ho aggiunto.
“Dovremo parlargli, vedrai che lo porteremo con noi, tu resterai con la signora Piera anche stanotte”.
“Ormai ci sono abituato…”
“Bene”.
Mi sono voltato ancora verso la finestra. Ho visto l’auto di mio padre che percorreva il vialetto. Si è fermata quasi subito. Almeno sei poliziotti gli sono andati incontro. Lui ha spento i fari, ma non è sceso. E’ rimasto dentro. Ad aspettarli.


Autore di estremo valore, Roberto Santini, è uno psicologo, insegnante, critico, e scrittore di romanzi e racconti gialli. 
Le sue opere, che sempre si distinguevano per le qualità di scrittura e delle psicologie, gli hanno procurato la vittoria in numerosi concorsi dedicati al giallo, al noir e al mystery.
Tra questi vanno almeno citati il Grangiallo di Cattolica, il Ghostbusters, Orme Gialle e Giallocarta.
Negli ultimi cinque anni si era dedicato al romanzo, esordendo con La regola del male (2005).
È stata poi la volta di A luce spenta (2007) e Notti di raso bianco (2009), entrambi pubblicati dall'Editrice Laurum.
Il suo ultimo libro, Tre farfalle d'argento (Hobby & Work), è un giallo storico ambientato nel gennaio 1944 durante il processo di Verona a Galeazzo Ciano e gli altri gerarchi fascisti.
Ha partecipato alle antologie Crimini di regime (2008) e Crimini di piombo (2009). 
E' morto il 25 maggio 2010, giorno del suo sessantunesimo compleanno.

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